
Per introdurre questa breve disquisizione sull’essere o non essere creativi, seguendo il criterio temporale del progresso, si potrebbe iniziare con il citare Frank Zappa: “Solo con la deviazione dalla norma si ha evoluzione“. Sulla parola “creatività” si sono impegnate le migliori menti e impiegate le migliori risorse sia per difendere, sia per diffondere un concetto sempre più indecifrabile. E non aiuta certo l’attuale sovrapposizione di comunicazione sul tema, in cui è sempre più facile entrare ma molto più difficile uscirne con idee chiare. Bene o male il concetto in questione, se esiste, dovrebbe esprimersi quasi spontaneamente nella realtà e per sottolineare tale affermazione potremo ora citare Umberto Galimberti: “Particolarmente evidente in alcuni individui è la capacità di riconoscere, tra pensieri e oggetti, nuove connessioni che portano a innovazioni e a cambiamenti. Ma il criterio dell’originalità, presente in ogni attività creativa, non è un criterio sufficiente se è disgiunto da una legalità generale che consente all’attività creativa di essere riconosciuta da altri individui. L’accadere della creatività secondo regole è ciò che la distingue dall’arbitrarietà”.
Si potrebbe ora rafforzare questo ragionamento con una breve frase di Salvatore Natoli che ci impone una riflessione importante: “La dimensione di sapienza è – Noi vogliamo davvero quello che diciamo?” Che ci porta ad una domanda provocatoria per tutti i creativi: sapete trasformare un’ipotesi in una realizzazione? E se la risposta fosse “si”, tra i tanti a complicarci l’esistenza ci pensa ora Theodor Adorno che frena le nostre velleità: “Laddove viene utilizzata solo intelligenza convergente si ha un uomo omologato”. In sintesi, se si persegue solo un pensiero logico-razionale di tipo lineare (coordinato dall’emisfero sinistro del nostro cervello) è difficile avere risultati creativi.
Ergo sum: per essere creativi è deleterio essere “consequenziali”, “procedurali”, “raziocinanti”, qualità utili quando affrontiamo ragionamenti e successive soluzioni note e consolidate.
Quindi? Quindi non ci resta che tornare alle origini di questo percorso e all’intuizione di Joy Paul Guilford (1897 – 1987) che si prese il difficile compito di “misurare le abilità mentali e i tratti della personalità umana”, sviluppando un’utile serie di strumenti statistici sulla capacità di percezione spaziale, sul ragionamento e sulla creatività. Guilford arrivò a definire il “pensiero divergente” come capacità di produrre una gamma di possibili soluzioni per un dato problema, in particolare per un problema che non prevedeva un’unica risposta corretta. Da questa affermazione ne deriva la capacità fondamentale dell’atto creativo che deve considerare nuovi e sempre più ampi punti di vista, capaci di sviluppare soluzioni molteplici e originali. Per J. P. Guilford essere divergenti equivale a non accontentarsi della soluzione dei problemi, ma tendere a riorganizzare gli elementi fino a ribaltare i termini del problema per dar vita a nuove ideazioni.
Incoraggiare il pensiero divergente sembra quindi un’utile viatico verso una realtà sempre pronta a farsi trasformare da individui creativi, a cui addirittura viene spontaneo tale processo. Tuttavia non volendo considerare il “divergente” un essere superiore al “convergente”, spunta ora un’altra parola su cui concentrarci: “complementarietà”, non una malattia ma un collante per attaccare nozioni che non dovrebbero mai entrare in competizione. E se da una parte il territorio immaginativo implica una produzione costante di risposte non convenzionali, nel quale si esprime la nostra “cifra creativa”, dall’altra questa deve essere supportata da un’adeguata e logica conoscenza del settore di applicazione. Alla fine tra le due tipologie di pensiero esiste, condicio sine qua non, una stretta interdipendenza che tende ad aumentare lo sviluppo di idee innovative, supportate da intelligenza applicativa.
Dunque, oggi per essere creativi ed esprimerlo nei fatti bisogna essere organizzati bene che equivale spesso nel convergere in un “progetto articolato su vari obiettivi” le cui basi poggiano sull’originalità.